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4 appuntamenti con la partecipazione di registi e protagonisti

dei film nostrani.

 

Il lunedì sera alle ore 21.00.

Ecco il calendario delle proiezioni:

11/11/2019 ore 21.00 “E il copione? Il copione dov’è ? 

Dentro di noi, signore. Il dramma è dentro di noi. di Remo Schellino

Interverranno alla serata lo psichiatra Raffaele Gozzi e il regista Remo Schellino

 

Trattare il tema della malattia mentale attraverso il documentario cinematografico non è impresa da poco, per la complessità che comporta e per la delicatezza delle storie coinvolte. Questo mio ultimo lavoro, finanziato dall’ASL cn1 e dal Comune di Ceva, vuole essere uno strumento per comprendere e capire la malattia mentale al di là dei preconcetti e dei pregiudizi. A 40 anni dalla Legge 180 o Legge Basaglia che il 12 maggio 1978 decretava  la fine e la chiusura dei manicomi  o case di costrizione,  cosi diceva lo stesso Basaglia:

« Non è importante tanto il fatto che in futuro ci siano o meno manicomi e cliniche chiuse, è importante che noi adesso abbiamo provato che si può fare diversamente, ora sappiamo che c'è un altro modo di affrontare la questione; anche senza la costrizione. »

 

I protagonisti sono gli utenti del servizio psichiatrico dell’Asl Cn1 ospiti del Centro diurno di Ceva: uomini e donne fra i quaranta e i sessant'anni, persone che quotidianamente devono lottare per evitare di essere sopraffatti da una realtà parallela che non permette loro di godere a pieno ciò che il mondo reale offre. L'obiettivo è di avvicinare il pubblico al tema e permettere, a chi usufruisce del mezzo cinematografico, di mettere in evidenza risorse creative, ma anche le qualità strettamente filmiche e poetiche. Il fine è quello di affrontare i temi del disagio psichico attraverso una galleria di punti di vista che possono essere utili non soltanto per riflettere, ma anche per eventuali approfondimenti sul tema, attraverso proiezioni pubbliche. E’ il racconto di se stessi in forma biografica, i loro deliri, le stranezze, le composizioni poetiche, la voglia e il desiderio di esprimersi. Quest’approccio ha l’intento di far acquisire nuove informazioni attraverso il racconto filmico delle proprie storie personali; sensazioni utili a interpretare una realtà e a fare uso del proprio vissuto a fini diagnostici e conoscitivi. Unico set utilizzato è stato quello del Teatro Marenco di Ceva. Davanti allo specchio del camerino ogni utente del Centro lo vedremo in fase di vestizione e nell’intento di truccarsi in un personaggio che lui stesso ha scelto. In questo tempo dedicato ai preparativi, dietro le quinte di un ipotetico spettacolo, ognuno racconterà i sogni, le aspettative, le paure. In un secondo momento, come fosse un giorno di prove, i personaggi saliranno sul palco nell’intento di provare parti dello spettacolo. In realtà saranno nient’altro che libere espressioni: canto, recitazione, interpretazione, dove agli occhi dello spettatore i protagonisti appariranno attori di un vero spettacolo. Il finale vedrà gli attori-pazienti salire sul palco del teatro e ponendosi uno di fianco all’altro, dandosi la mano, faranno l’inchino rituale di fine spettacolo, rivolgendo lo sguardo in direzione della platea vuota e senza pubblico. Il vero e unico spettacolo è quello nascosto, nel retroscena, quello della vita raccontata a se stessi riflessi in uno specchio. Remo Schellino  (regista)

Di seguito la dichiarazione dell’equipe del reparto Psichiatria dell’Asl Cn1 “Ringraziamo Remo Schellino per aver colto con rara sensibilità e capacità narrativa la normalità “parallela” nella quale tutti i giorni noi operatori cerchiamo di tradurre un interesse umanitario in capacità tecniche. Abbiamo  imparato molto da questa esperienza che contiamo si possa ripetere per arricchire ulteriormente il nostro lavoro futuro”. Francesco Risso , direttore   Raffaele Gozzi, medico   Monica Diana, coordinatrice inf.

18/11/2019 ore 21.00  “IL MANGIATORE DI PIETRE” di NICOLA BELLUCCI

Piemonte, una valle ai confini con la Francia. In una notte d’autunno affiora dalle acque di un torrente il cadavere di un uomo fulminato da due colpi di fucile. A ritrovarlo è Cesare (Luigi Lo Cascio), detto il Francese, passeur che da anni ha lasciato il mestiere di contrabbandiere e vive con la sua lupa chiuso nella solitudine di una baita. Il maresciallo Boerio (Leonardo Nigro) è incaricato di investigare la morte del giovane Fausto, ma il suo legame con la mafia locale verrà presto messo in discussione dalla commissaria Sonia Di Meo (Ursina Lardi). I diversi destini si intrecciano quando Sergio, un giovane del paese (Vincenzo Crea), scopre un gruppo di rifugiati in una capanna abbandonata. Girato in Piemonte (Val Varaita, Cuneo) e in Ticino (Val Bavona), «Il mangiatore di pietre» è la trasposizione sul grande schermo dell’omonimo best-seller di Davide Longo.

 

STATEMENT DEL REGISTA

“Niente principi, niente odio, niente memoria: questo è il mondo che viene”

Sono state le forti sensazioni suscitate in me dalla lettura del romanzo di Davide Longo a convincermi di voler realizzare "IL MANGIATORE DI PIETRE". Nella storia del “mangiatore” si rivelano i lati opachi delle cose, la duplicità dell’agire umano che mi affascina e spaventa, e che da tempo volevo “cinematograficamente” raccontare, arrischiandomi in un territorio affascinante, quello tra romanzo di formazione e film di genere. Il confine, territorio di mezzo, indeterminato e ambiguo: linea reale, convenzionale o culturale, che separa, sempre, ciò che è altro da sé è il luogo simbolico per eccellenza di questo film. Il confine da proteggere e da oltrepassare, diventa la linea demarcatrice delle scelte morali, dei rapporti interpersonali e del destino dei suoi protagonisti, moltiplicando gli interrogativi di partenza all’infinito. Lungo il filo conduttore di questa dialettica fra interno ed esterno si snoda la trama de Il mangiatore di pietre: un “noir” duro, amaro, da nodo alla gola. Con un duplice punto di vista: quello del passeur Cesare, trafficante d’uomini, e quello del giovane Sergio, ragazzo che si sta facendo uomo. Sullo sfondo, come un Coro greco, la desolazione di un mondo alpino ormai in abbandono, con i suoi abitanti e il loro modo di vivere sobrio e solitario all’interno di una comunità disgregata dalla modernità e, quasi un punto interrogativo, un gruppo di clandestini in attesa di conoscere la propria sorte. Ma, appunto, non solo un noir. La pista noir è un pretesto per portare alla luce rapporti conflittuali e durissimi tra padri senza figli e figli senza padri, in cui valori e affetti si tramandano in modo più trasversale, fra amici, ma anche nel rapporto "adottivo", per così dire, tra padrino e figlioccio. Il film racconta della fine di un mondo, di un’epoca, di uno stile di vita, di un uomo, Cesare, che sembra aver rinunciato a vivere. Intorno a lui tutto sembra soffocare, il dolore stesso non ha voce, il sangue non ha odore, è una macchia rosso scura sul pavimento. Anche l’amore non dà calore, non scioglie il gelo. Tutto sembra essere già stato detto, o forse non serve più parlare dove l’Uomo sembra condannato alla solitudine e al silenzio. L’omicidio è il detonatore che sembra rimettere in gioco le cose e i sentimenti: l’ultimo viaggio del passatore, estremo tentativo di fare i conti col proprio passato, si trasforma in azione e in recupero (“una volta sola, e poi mai più”) dell'antico ruolo di "attraversatore di spazi". Lungo la cresta che segna il confine, Cesare sceglie di compiere il passo più difficile della sua vita. Decidendo di agire, egli costringe se stesso a varcare - consapevole e solo apparentemente disincantato – una soglia fatale. La sua sarà una sfida classica, incalzante, degna dell’epica di un film western, che lascerà un morto sulla candida neve e qualcun altro, vivo, ad aspettare la morte. 

02/12/2019 ore 21.00 'IL PERTURBANTE' IL CONFRONTO CON LA DIVERSITÀ”

di Alessandro Ingaria

 

Storie di Lupi e migranti 
Due  documentari firmati da Alessandro Ingaria dal titolo L'aritmetica del Lupo e Senza Confini Senza Paura

 

SENZA CONFINI, SENZA PAURA (20’ – 2018) – Documentario 
Documentario emozionale sul percorso di incontro degli studenti del Centro di Formazione Professionale di Mondovi’ (corsi di Ristorazione e Acconciatura) con i migranti richiedenti asilo ospitati nel monregalese e tramite un viaggio-studio al CARA di Mineo e al Centro di Prima Accoglienza di Pozzallo. Con la collaborazione del CFP Cemon, Caritas Italia e Guardia Costiera Italiana. Progetto vincitore dell'edizione 2018 dell'United Network, Atlante 2018 Italian Teacher Award - Quotidiano La Repubblica

L’ARITMETICA DEL LUPO – (38’, 2018) – Documentario 
Le voci di tre donne (una ricercatrice, un’antropologa ed una naturalista appassionata di fotografia) che, con punti di vista differenti si sono imbattute nel lupo, raccontano il controverso legame con l’uomo e la natura. Il video è stato girato in gran parte nei pressi di Chiusa Pesio, Garessio, Valdieri ed Entracque
–      Premio nazionale CAI Renata Viviani – Cineteca del CAI 2018
–      Premio ex-equo alla Sostenibilità al Sandalia Sustainability Film Festival 2018
–      Selezione Ufficiale Trento Film Festival 2018
–      Selezione Ufficiale Lessinia Film Festival 2018
–      Selezione Ufficiale Clorofilla Film Festival 2018
–      Selezione Ufficiale Milano Mountain Festival 2018


 

09/12/2019 ore 21.00  “DANCING PARADISO” di Max Chicco

Raccontare l’essenza di un luogo attraverso i suoi anfratti; andare a prendere la belle zza là dove – apparentemente – non c’è. Queste sono le motivazioni che stanno alla base di Dancing Paradiso: lasciare nascosto quel che dovrebbe rimanere tale, e accendere le luci e i riflettori, per un’ultima volta, sulle esistenze che hanno mantenuto vivo il mistero. 

Il Dancing Paradiso è stato, per decenni, uno spazio di possibilità. Il luogo più simile a un Altrove [Elsewhere, in inglese] lontano, anni luce lontano, così lontano che la sua rappresentazione concreta, nella Profonda Provincia Piemontese, assume toni caricaturali. Musica liscio per l’illusione del ballo, caratteri western per un simulacro di America, paillettes e luccichii di modernità kitsch. La provincia italiana conosceva negli anni Settanta – con dieci anni almeno di ritardo rispetto alle città – un improvviso benessere, e i suoi abitanti volevano sperimentare la modernità e indossare abiti nuovi e perdersi nella notte. Il Dancing Paradiso di Bastia Mondovì, a modo suo, offriva a tutti questa possibilità.

Anche Dancing Paradiso – il film – è uno spazio di possibilità. Possibilità di mettere in scena e rivivere ancora una volta tutto. Possibilità di rivivere l’incantesimo e riporlo in un cassetto, per dieci anni ancora, fino a quando i tempi saranno davvero maturi. Nel [mese 2007 – inserire data giusta] la videocamera ha riaperto le porte proibite del vecchio Dancing e ha soffiato via la polvere, e per un momento sembrava tutto vero, sembrava nulla fosse finito mai. Poi però è caduto un altro tempo di attesa e di oblio, in attesa che il tempo continuasse a fare il suo lavoro, e che tutto – immagini in super8, immagini in digitale, presente e passato – finisse in uno stesso livello, il livello delle cose che non moriranno mai. 

Rimane Paola, la protagonista assoluta del Dancing Paradiso, Paola la matrona e Paola la materna. La narrazione la scopre solo nella seconda parte, rispettando il suo mistero, ma sondando a fondo il suo rapporto intimo con la “missione” a cui ha dedicato i suoi anni più belli. “Rendere felici le persone”, che dice tutto e non dice niente, perché con Dancing Paradiso (il locale e il film) non c’è bisogno di essere didascalici. Ogni elemento è così come appare, e non importa se appare in mille modi diversi, non importa se Paola può sembrare, allo stesso tempo, vittima e regina del suo stesso giocattolo. Le parole stesse diventano contradditorie e cariche di significati nascosti: le espressioni che Paola utilizza per definirsi donna finalmente libera, alle nostre orecchie odierne descrivono la realtà di soggiogazione femminile e bieco maschilismo che le campagne italiane faticavano a lasciarsi appresso, nei primi anni di “modernità”. Ma lasciano spazio a un altro dubbio: sarà forse che, spinta dal politically correct e dalle isterie collettive, la nostra società contemporanea ha irrimediabilmente perso la sua leggerezza? L’esempio di Paola e degli avventori del Dancing Paradiso paiono suggerirci proprio questo: nell’assenza di sovrastrutture e nella semplicità dei linguaggi, tutto pareva funzionare davvero. E le persone se ne andavano felici. 

Questa è la storia del Dancing Paradiso, una sala da ballo che ha inseguito le illusioni di un immaginario lontano, una storia di provincia a cui in fondo andava bene essere se stessa. È la storia di Paola, ape-regina di un mondo notturno senza peccato e senza colpa, indimenticata matrona di una storia che vivrà per sempre.
 

Per informazioni: Associazione Monregaltour - 0174.47428 – info@monregaltour.it

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"CINEMA A KM 0"

rassegna di cinema indipendente e locale

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